Papa Francesco è tornato alla casa del Padre il 21 Aprile 2025. L’Associazione Italiana Docenti Universitari lo piange.
Francesco Papa: esercizio vivo di umiltà
Francesco ha caratterizzato il suo papato con il rendersi umile tra umili: una umiltà feconda ed inquietante, che interroga tutti noi.
Fin dalle prime parole dal balcone di San Pietro si chiamò Vescovo di Roma e poi tanti gesti, tante parole, tante scelte. Innanzitutto il suo linguaggio di comprensione immediata, fatto di iniziative inequivocabili e parole che non avevano bisogno di interpreti privilegiati. La chiarezza finisce per essere divisiva, come è il Vangelo: “Sì, il sì”, “No, il no”; il di più viene dal maligno”. (Mt 5,17-37), ma non perché chiuda le porte a qualcuno, ma perché non sopporta furbizie e strumentalizzazioni.
Chi non capisce la forza travolgente di andare primariamente a Lampedusa, di inginocchiarsi davanti ai carcerati o di recarsi personalmente ad Abu Dhabi, di essere pellegrino di fede in una piazza San Pietro vuota, piangente di pioggia, davanti al Crocefisso e impartire la benedizione, urbi et orbi, nell’ora terribile della pandemia ed ancora di inginocchiarsi davanti ai leader politici del Sud Sudan (Vi chiedo come fratello: rimanete nella pace), o recarsi di persona all’Ambasciata russa per “mettersi a servizio” della pace in Ucraina.
Tantissimi atti di umiltà significativi, commoventi, testimonianze evangeliche vive hanno disseminato la vita e il fin di vita di Francesco, quando con un fisico ormai minato, che conteneva a stento la sua anima, ha voluto incontrare le sue pecore girando per piazza San Pietro a poche ore dalla sua dipartita!
In questa sua dimensione, ci è stato Padre nella nostra missione di educatori e con quanta particolare premura ed attenzione ci ha considerati, come “collaboratori” del suo Magistero !
Nel suo pellegrinaggio sulla tomba di Don Milani nel ringraziare questo testimone della fede, ringraziava “tutti quanti si pongono al servizio delle giovani generazioni” e, in ispecie, quelli che si trovano “in disagio”: sì i disagiati.
Oggi si sente invocare il merito come pilastro di una scuola, non più inclusiva, che deve mandare avanti “i migliori”, ma il merito va riletto in una lettura evangelica come talenti, diversamente distribuiti dal Creatore. Papa Francesco, appunto, li chiamava “i diversi doni” con cui si viene creati per il mondo e che poi possono essere repressi o esaltati dall’individuo (libero arbitrio) e/o dalla società (istruzione). Queste particolari capacità non sono, quindi, “meriti personali”, ma doni di Dio: talenti, con cui ciascuno di noi viene al mondo nella diversità, ma nell’assoluta eguaglianza e dignità di tutti, in quanto figli di Dio.
VI deve essere un giusto equilibrio tra i doni ricevuti da ciascuno e la dignità di tutti perché tutto è connesso nel disegno di Dio. A coloro, poi, che hanno questi doni va ricordato che le loro capacità li portano ad una accresciuta responsabilità verso sé stessi e nel servire il prossimo. Va ricordato a loro, quindi, il doveroso esercizio dell’umiltà e della riconoscenza, come corollario dei loro talenti.
E Francesco in quel pellegrinaggio ha ricordato che Don Lorenzo “ha testimoniato come nel dono di sé a Cristo si incontrano i fratelli nelle loro necessità e li si serve, perché sia difesa e promossa la loro dignità di persone, con la stessa donazione di sé, che Gesù ci ha mostrato, fino alla croce … quella umanizzazione che rivendichiamo per ogni persona su questa terra, accanto al pane, alla casa, al lavoro, alla famiglia.
E riecheggiano per tutti noi, e per sempre, le parole, di Papa Francesco:
chi sono io per giudicare !
Alfonso Barbarisi